Riferimenti giuridici 

     Costituzione                                                                                                                                                                                                                                

art. 2  La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come    singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

 

art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.        

 

art. 24 Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

La difesa  è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento .

Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

 

art. 25 Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge .

Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.

 

art. 27  La responsabilità penale è personale.

L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.

 

art. 29 La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.

 

art. 30 E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.

 

art. 31 La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alla famiglie numerose.

Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

                                                                                                          

Codice Civile 

330. Decadenza dalla potestà sui figli. 

Il giudice può pronunziare la decadenza dalla potestà  [c.c. 320] quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare.

                  

332. Reintegrazione nella potestà.

Il giudice (1) può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto  [c.c. 330], quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio  [c.c. 336, 402].

(1) A norma dell'art. 38 disp. att. c.c. la competenza appartiene al tribunale per i minorenni.

 333. Condotta del genitore pregiudizievole ai figli

Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice  [disp. att. c.c. 38], secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare.

Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.

Vedi l'art. 1, secondo comma, L. 19 luglio 1991, n. 216, sui primi interventi in favore dei minori soggetti a rischio di coinvolgimento in attività criminose.

 334. Rimozione dall'amministrazione.

Quando il patrimonio del minore è male amministrato, il tribunale può stabilire le condizioni  [c.c. 337] a cui i genitori devono attenersi nell'amministrazione o può rimuovere entrambi o uno solo di essi dall'amministrazione stessa e privarli, in tutto o in parte, dell'usufrutto legale  [c.c. 320, 324, 336].

L'amministrazione è affidata ad un curatore, se è disposta la rimozione di entrambi i genitori.

 335. Riammissione nell'esercizio della amministrazione.  

Il genitore rimosso dall'amministrazione ed eventualmente privato dell'usufrutto legale può essere riammesso dal tribunale nell'esercizio dell'una o nel godimento dell'altro, quando sono cessati i motivi che hanno provocato il provvedimento  [c.c. 336].

 336. Procedimento.

I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso  [c.p.c. 737] dell'altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato.

Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito.

In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche d'ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio.

433. Persone obbligate. 

All’obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell’ordine:

1) il coniuge;

2) il figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi, anche naturali;

3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;

4) i genitori e le nuore;

5) il suocero e la suocera;

6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

Codice Penale

1. Reati e pene: disposizione espressa di legge.

Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite.

40. Rapporto di causalità.

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.

Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo

 41. Concorso di cause.

Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento.

Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa, costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita.

Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.

 42.Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva.

Nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà.

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.

La legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od omissione.

Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

 43. Elemento psicologico del reato.

Il delitto:

è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione;

è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente;

è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.

357. Nozione del Pubblico Ufficiale.

Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.

358. Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio.

Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.

Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata, dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.

361. Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale.

Il pubblico ufficiale  [c.p. 357], il quale omette o ritarda di denunciare all'autorità giudiziaria, o ad un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni  [c.p. 2, 3], è punito con la multa da lire sessantamila a un milione  [c.p. 31; c.p.p. 347].

La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria  [c.p. 360; c.p.p. 57], che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto  [c.p.p. 331].

Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa  [c.p. 120, 126].

 362. Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio.

L'incaricato di un pubblico servizio  [c.p. 358] che omette o ritarda di denunciare all'autorità indicata nell'articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell'esercizio o a causa del servizio  [c.p.p. 347], è punito con la multa fino a lire duecentomila.

Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela della persona offesa  [c.p. 120, 126; c.p.p. 331], né si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche socio-riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l'esecuzione del programma definito da un servizio pubblico.

 564. Incesto.

Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente  [c.c. 75; c.p. 540], o con un affine in linea retta  [c.c. 78], ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni  [c.p. 29, 32].

La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa.

Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l'incesto è commesso da persona maggiore di età con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata  [c.p. 64] per la persona maggiorenne.

La condanna pronunciata contro il genitore importa la perdita della patria potestà  [c.c. 315; c.p. 34] o della tutela legale  [c.c. 348].

 570. Violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla patria potestà  [c.c. 316], alla tutela legale  [c.c. 348; c.p. 371, 372] (2) o alla qualità di coniuge  [c.c. 143, 147], è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.

Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:

1. malversa o dilapida i beni del figlio minore  [c.p. 540] o del pupillo  [c.c. 343, 414] o del coniuge;

2. fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti  [c.c. 75] di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.

 571. Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.

Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi  [c.p. 31].

Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte  [c.p. 63] a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni  [c.p. 29, 32].

 572. Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli. 

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni  [c.p. 29, 31, 32].

Se dal fatto deriva una lesione personale grave  [c.p. 583], si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni.

 581. Percosse.

Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa  [c.p. 120; c.p.p. 336], con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.

 582. Lesione personale.

Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale  [c.p. 583], dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.

Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non occorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa  [c.p. 120, 124, 365; c.p.p. 336].

 609-bis. Violenza sessuale.

Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:

1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;

2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi  [c.p. 734-bis; c.p.p. 392, 398] (1).

 

Codice Procedura Penale

330. Acquisizione delle notizie di reato.

1. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti.

 331. Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio.

1. Salvo quanto stabilito dall'articolo 347, i pubblici ufficiali  [c.p. 357] e gli incaricati di un pubblico servizio  [c.p. 358] che, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito  [c.p. 361, 362].

2. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria.

3. Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto.

4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorità che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero.

332. Contenuto della denuncia.

1. La denuncia contiene la esposizione degli elementi essenziali del fatto e indica il giorno dell'acquisizione della notizia nonché le fonti di prova già note. Contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.

(Richiamo art.358 Codice Penale   Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio.

Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.

Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata, dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.

 333. Denuncia da parte di privati.

1. Ogni persona che ha notizie di un reato perseguibile d’ufficio può farne denuncia. La legge determina i casi in cui la denuncia è obbligatoria (364, 709 c.p.).

2. La denuncia è presentata oralmente o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale (122), al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria (123 comma 3); se è presentata per iscritto è sottoscritta dal denunciante o da un suo procuratore speciale.

3. Delle denuncie anonime non può essere fatto alcun uso, salvo quanto disposto dall’art. 240.

     

D.P.R. 9 Ottobre 1990, n. 309

                   Della repressione delle attività illecite.

                                Disposizioni penali e sanzioni amministrative

 art.  73 Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope

 1.Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’art 17, coltiva , produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve a  qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia,passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo o comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi previste dagli art 75 (e 76), sostanze stupefacenti o psicotrope, è punito con la reclusione da otto a venti anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire cinquecento milioni.

2. Chiunque, essendo munito dell’ autorizzazione di cui all’art. 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nel comma 1, è punito con al reclusione da otto a ventidue anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire seicento milioni.

3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto d autorizzazione.

4. Se taluno dei fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dall’articolo 14, si applicano la reclusione da due a sei anni e la multa da lire dieci milioni a lire centocinquanta milioni.

5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la quantità e qualità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene sella reclusione da uno a sei anni e della multa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabelle I e IV dell’articolo 14, ovvero le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da lire due milioni a lire venti milioni se si tratta di sostanze di cui alle tabelle II e IV.

6. Se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è aumentata.

7. Le pene previste dai commi da 1a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che, l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.

 art. 75  Sanzioni amministrative

1. Chiunque, per farne uso personale, illecitamente importa, acquista o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope [in dose non superiore a quella media giornaliera, determinata in base ai criteri indicati al comma 1

dell'articolo 78], è sottoposto alla sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, della licenza di

porto d'armi, del passaporto e di ogni altro documento equipollente o, se trattasi di straniero, del permesso di soggiorno

per motivi di turismo, ovvero del divieto di conseguire tali documenti, per un periodo da due a quattro mesi, se si tratta

di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I e III previste dall'articolo 14, e per un periodo da uno a tre

mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle II e IV previste dallo stesso articolo 14.

Competente ad applicare la sanzione amministrativa è il prefetto del luogo ove è stato commesso il fatto (10/a) (10/cost).

2. Se i fatti previsti dal comma 1 riguardano sostanze di cui alle tabelle II e IV e ricorrono elementi tali da far presumere

che la persona si asterrà, per il futuro, dal commetterli nuovamente, in luogo della sanzione, e per una sola volta, il

prefetto definisce il procedimento con il formale invito a non fare più uso delle sostanze stesse, avvertendo il soggetto

delle conseguenze a suo danno.

3. In ogni caso, se si tratta di persona minore di età e se nei suoi confronti non risulta utilmente applicabile la sanzione

di cui al comma 1, il prefetto definisce il procedimento con il formale invito a non fare più uso di sostanze stupefacenti

o psicotrope, avvertendo il soggetto delle conseguenze a suo danno.

4. Si applicano, in quanto compatibili, le norme della sezione II del capo I e il secondo comma dell'articolo 62 della

legge 24 novembre 1981, n. 689 (11). Il prefetto provvede anche alla segnalazione prevista dal comma 2 dell'articolo 121.

5. Accertati i fatti, gli organi di polizia giudiziaria procedono alla contestazione immediata, se possibile, e senza ritardo

ne riferiscono al prefetto.

6. Entro il termine di cinque giorni dalla segnalazione il prefetto convoca dinanzi a sé o ad un suo delegato la persona

segnalata per accertare, a seguito di colloquio, le ragioni della violazione, nonché per individuare gli accorgimenti utili

per prevenire ulteriori violazioni. In tale attività il prefetto è assistito dal personale di un nucleo operativo costituito

presso ogni prefettura.

7. Gli organi di polizia giudiziaria possono invitare la persona nei cui confronti hanno effettuato la contestazione

immediata a presentarsi immediatamente, ove possibile, dinanzi al prefetto o al suo delegato affinché si proceda al

colloquio di cui al comma 6.

8. Se l'interessato è persona minore di età, il prefetto convoca, se possibile ed opportuno, i familiari, li rende edotti delle

circostanze di fatto e dà loro notizia delle strutture terapeutiche e rieducative esistenti nel territorio della provincia,

favorendo l'incontro con tali strutture.

9. Il prefetto, ove l'interessato volontariamente richieda di sottoporsi al programma terapeutico e socio-riabilitativo di

cui all'articolo 122 e se ne ravvisi l'opportunità, sospende il procedimento e dispone che l'istante sia inviato al servizio

pubblico per le tossicodipendenze per la predisposizione del programma, fissando un termine per la presentazione e

curando l'acquisizione dei dati necessari per valutarne il comportamento complessivo durante l'esecuzione del

programma, fermo restando il segreto professionale previsto dalle norme vigenti ai fini di ogni disposizione del presente

testo unico.

10. Il prefetto si avvale delle unità sanitarie locali e di ogni altra struttura con sede nella provincia che svolga attività di

prevenzione e recupero. Può assumere informazioni, presso le stesse strutture, al fine di valutare l'opportunità del

trattamento.

11. Se risulta che l'interessato ha attuato il programma, ottemperando alle relative prescrizioni, e lo ha concluso, il

prefetto dispone l'archiviazione degli atti.

12. Se l'interessato non si presenta al servizio pubblico per le tossicodipendenze entro il termine indicato ovvero non

inizia il programma secondo le prescrizioni stabilite o lo interrompe senza giustificato motivo, il prefetto lo convoca

nuovamente dinanzi a sé e lo invita al rispetto del programma, [rendendolo edotto delle conseguenze cui può andare

incontro. Se l'interessato non si presenta innanzi al prefetto, o dichiara di rifiutare il programma ovvero nuovamente lo

interrompe senza giustificato motivo, il prefetto ne riferisce al procuratore della Repubblica presso la pretura o al

procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, trasmettendo gli atti ai fini dell'applicazione delle

misure di cui all'art. 76. Allo stesso modo procede quando siano commessi per la terza volta i fatti di cui ai commi 1 e 2

del presente articolo] (11/a) (10/cost).

13. Degli accertamenti e degli atti di cui ai commi che precedono può essere fatto uso soltanto ai fini dell'applicazione

delle misure e delle sanzioni previste nel presente articolo [e nell'art. 76] (11/a) (10/cost).

14. L'interessato può chiedere di prendere visione e di ottenere copia degli atti di cui al presente articolo che riguardino

esclusivamente la sua persona. Nel caso in cui gli atti riguardino più persone, l'interessato può ottenere il rilascio di

estratti delle parti relative alla sua situazione.

15. In attesa della costituzione dei nuclei operativi il prefetto si avvale, anche ai fini del colloquio di cui al comma 6,

delle unità sanitarie locali e delle altre strutture di cui al comma 10.

16. Per le esigenze connesse ai compiti attribuiti al prefetto il Governo è delegato ad emanare, nel termine di novanta

giorni dalla data di entrata in vigore della legge 26 giugno 1990, n. 162 (11/b), un decreto legislativo con l'osservanza

dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) previsione della istituzione nei ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno di una apposita dotazione organica di

assistenti sociali, complessivamente non superiori a duecento unità, per l'espletamento nell'ambito delle prefetture degli

adempimenti di cui al presente articolo, e delle attività da svolgere in collaborazione con il servizio pubblico per le

tossicodipendenze e con le altre strutture operanti nella provincia;

b) previsione delle qualifiche funzionali e dei relativi profili professionali riferiti al personale di cui alla lettera a) in

conformità ai principi stabiliti dalla normativa vigente per i ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno;

c) previsione che per la copertura dei posti di nuova istituzione il Ministro dell'interno è autorizzato a bandire pubblici

concorsi e a procedere alle relative assunzioni in servizio con l'osservanza delle procedure previste dagli articoli 20,

ultimo comma, e 13 del D.P.R. 24 aprile 1982, n. 340;

d) previsione che il prefetto possa anche avvalersi di personale volontario, previa verifica di una comprovata

competenza nel campo del recupero delle tossicodipendenze.

17. L'onere derivante dall'attuazione del comma 16, lettera a), è determinato in lire 6.050 milioni annui a decorrere dal 1991.