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Il fair play nello sport, una necessità spesso sottovalutata

Lo sport è celebrato come una panacea per molti dei problemi che affliggono i giovani di oggi. Dalla promozione della salute fisica e mentale alla costruzione del carattere e dello spirito di squadra, gli elogi per i benefici dell’attività sportiva sembrano non avere fine. Tuttavia, dietro questa immagine positiva si nasconde, a volte, una realtà meno allettante: lo sport può anche essere un terreno fertile in cui attecchisce il seme del bullismo e dell’emarginazione.

L’idea che lo sport sia intrinsecamente virtuoso e promuova automaticamente valori come il fair play e il rispetto per gli avversari è un mito diffuso: in realtà, gli ambienti sportivi possono essere altamente competitivi e suscitare comportamenti aggressivi o discriminatori. L’atteggiamento vincente a tutti i costi può facilmente trasformarsi in una mentalità di prevaricazione, con atleti che cercano di ottenere un vantaggio a qualsiasi costo, anche denigrando o emarginando i compagni di squadra o gli avversari.

 

sport e bullismo

Bullismo e sport, un problema reale

Secondo l’indagine Athlete Culture & Climate Survey sugli abusi e le violenze nel mondo dello sport commissionata da Change the Game a Nielsen con il contributo del Dipartimento dello Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Terres des Hommes, del Consorzio Vero Volley e la Fondazione Candido Cannavò è emerso un dato, importante: quattro atleti su dieci sono stati vittime di abusi nel mondo dello sport prima dei 18 anni. Con conseguenze gravi, come problemi di salute, nel 20% dei casi. Le esperienze di violenza e di abusi iniziano molto presto, fra i 14 e i 16 anni, comprese le più gravi. La maggior parte dei partecipanti ha sperimentato comportamenti protratti nel tempo anziché eventi isolati. La maggioranza degli atleti che subiscono violenze o abusi come riportato dall’indagine, pensano si tratti di bullismo e non chiedono aiuto (56%) perché percepiscono quelle esperienze come accettabili o tollerabili (47%), per paura di sembrare deboli (30%) o per paura delle conseguenze (17%).

Queste statistiche indicano che un numero significativo di giovani atleti ha sperimentato forme di bullismo o comportamenti aggressivi durante la pratica sportiva. Questo tipo di esperienza negativa può avere gravi conseguenze non solo sul benessere emotivo e psicologico dell’individuo coinvolto, ma anche sulla coesione della squadra e sull’esperienza complessiva dello sport. È quindi cruciale che, insieme alla promozione della pratica sportiva, venga enfatizzata l’importanza di insegnare il fair play e il rispetto reciproco. Fair play non significa solo rispettare le regole del gioco, ma anche trattare gli altri con educazione, gentilezza, comprensione e rispetto.

È un concetto fondamentale, che dovrebbe essere entrare nell’educazione all’etica sportiva fin dall’inizio, insegnando ai giovani atleti che il vero spirito della competizione non risiede solo nella vittoria, ma anche nel rispetto per gli altri e nell’integrità personale.

Gli allenatori, gli educatori e le società sportive hanno un ruolo cruciale: hanno il dovere di segnalare e affrontare prontamente casi di bullismo o discriminazione, fornendo supporto e risorse per garantire che tutti gli atleti si sentano al sicuro in un ambiente, in campo e fuori, sano e rispettoso. Inoltre, è importante coinvolgere attivamente gli atleti stessi nel processo di promozione del fair play e del rispetto reciproco. Attraverso programmi educativi e iniziative di sensibilizzazione, possono essere spronati a diventare veri ambasciatori dei valori positivi dello sport, diffondendo un messaggio di inclusione e attenzione positiva tra i loro coetanei.

Lo sport è quindi spesso una soluzione per molti dei problemi dei giovani, ma è essenziale riconoscere che può anche essere un terreno fertile per comportamenti come bullismo ed emarginazione. Per creare un ambiente sano, positivo e inclusivo, è necessario mettere in primo piano l’importanza del fair play e del rispetto reciproco, affrontando attivamente e prevenendo il bullismo in tutte le sue forme. Solo con questi importanti spunti lo sport potrà davvero essere considerato un veicolo per la crescita e lo sviluppo sociale e personale dei giovani.

Paolo Pio

Vicepresidente Associazione Valeria APS ETS